Città letterarie
Si sa che da sempre nei libri restano impigliate le città e che le città sono testi di carne e di pietra. Non molti invece sanno che Giovanni Caudo, per la pensione e la sua vita matura, sogna di aprire una libreria che raccolga tutti i testi che parlano di città. Ma come facciamo a selezionare i libri giusti? Nel 2023 Edoardo Camurri e Giovanni Caudo hanno deciso di parlare di città e letteratura dandosi appuntamento nell’aula Pirani del Dipartimento di Architettura per tre pomeriggi di primavera:
I tre autori sono stati scelti da Camurri per la loro impresa più profonda, a volte invisibile a un lettore accanito che cerca di ritrovarsi tra le pagine e invece – questo è il punto – viene invitato a perdersi. Il piacere filologico e interpretativo di Camurri è stato ricamato dalla sapienza situata di Caudo: indizi linguistici e indizi fenomenologici. Questa meraviglia è stata possibile sotto il nome di “Città letterarie” soprattutto grazie a Sara Braschi e Sofia Sebastianelli, che in rappresentanza del gruppo di ricerca Labic, di cui Caudo è fondatore e guida, hanno organizzato gli incontri. I dialoghi erano aperti a tutte e tutti: amici, studenti e cittadini del quartiere, di cui Edoardo è abitante onorario.
Ma veniamo ai tre incontri!
5 aprile 2023, ore 18.00. Siamo a Testaccio e il pasticciaccio di Gadda ci sta proprio bene. È mercoledì, non giovedì, ma comunque Camurri ci serve “lo gnocco”. Quella cosa appiccicosa che Gadda si trova in bocca quando prova a rimasticare e pronunciare esattamente tutta la totalità del reale per dare ordine alle cose e le persone che popolano Roma. La letteratura, come l’urbanistica, è un modo per mettere a posto il mondo ma Roma si arrende e non riesce a trovare un’unica espressione tra le pagine di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana ma invece ha tante espressioni. Volevate trovare una logica al disordine, caro urbanista, caro scrittore? Invece come Gadda non lo troverete mai. Ogni filo si infinitizza, la fatica è inutile, meglio rinunciare a favore di un eccesso di umanità e un eccesso di cose che nella sua ridondanza può generare qualcosa di meglio: potete riscoprire l’anti-eroicità della letteratura e del progetto che dalla sovrabbondanza si fa guidare. Come sottolinea Caudo, nei personaggi di Gadda c’è tutta la romanità, il senso di inadeguatezza e diffidenza dei piccoli funzionari, come pigiati in unico gande “gnocco” appiccicoso nel quale la rassegnazione e l’allegria di Roma si mischiano.
10 maggio 2023, stesso posto e stessa ora (ma un po’ più indietro nel tempo letterario). Il secondo tavolo è per Joyce e ovviamente sul tavolo ci sono delle birre: con questo autore Camurri si sente per molti ovvi motivi in grande forma! Caudo è un po’ confuso dal jetleg di ritorno dagli U.S.A. e presta il suo disagio al gioco delle parti. “Joyce scrive per farci sentire più a nostro agio nell’Universo”, esorta Edoardo, scoraggiando Giovanni che più volte da buon urbanista cerca le ragioni del libro nella relazione di Joyce con la città di Dublino. Joyce resta soltanto pochi anni a Dublino ma scrive sempre sulla sua città, pur vivendo in esilio. Nonostante le resistenze di Caudo,
Alla fine di questa meravigliosa lezione Camurri ci consola:
31 maggio 2023. Il filo di Camurri è sempre più chiaro: se Gadda è un ingegnere della realtà e cerca il racconto della totalità ma fallisce usando il linguaggio come mappa, Joyce libera la totalità e prende la mappa del linguaggio, la squaderna. E allora Celati? Con Celati gli architetti si sentono a proprio agio e nel pubblico ci sono alcuni ammiratori, tra i quali Piero Meogrossi.
Quando entriamo in aula Giovanni sta proiettando Strada provinciale delle anime (1991, 58’, documentario di e con Gianni Celati e Luigi Ghirri).
Tutti noi cerchiamo di venire a capo del mondo ma se rinunciamo ad ogni “presa” sulla realtà forse proprio lì può accedere qualcosa: qualche epifania perché il mondo possa manifestare se stesso tra il macrocosmo dei luoghi terrestri e il microcosmo delle nostre anime desideranti. “Sbrogliare la grande matassa del mondo” non è possibile. Da questo saggio di fiducia nella letteratura si impara che a cercare ordine si da solo disordine inutile. Questa predisposizione a “scivolare sul sapone” è una conclusione importante che insieme agli altri appunti scaturiti da questi dialoghi sono note da tenere presenti per chi come noi si preoccupa di un mondo da sbrogliare. È sempre una buona idea perdere gli ormeggi, ben ancorati ad un progetto di affezione verso i luoghi e l’umanità che ancora in quei luoghi specchia i principi di un’anima brillante da cui togliere la polvere.
Balsamo per i ricercatori stanchi, ossessionati dalla trasparenza argomentativa del testo, questo esperimento invita inoltre a riflettere su quel che si dice e sulla qualità delle narrazioni: non intesa come stile ma intesa come risonanza delle parole in un universo linguistico realmente contemporaneo e ispirante per una progettualità collettiva.
Ad essere rigorosi, si potrebbero avanzare tre questioni emerse in questi seminari da cui gli studi urbani potrebbero trarre carburante:
- l’attuale svolta relazionale e fenomenologica della disciplina urbanistica
- l’interpretazione dell’“innovazione” come un rallentare, un perdersi
- una diffidenza verso quelle retoriche, quelle “ruffiane della letteratura” (citazione di Carmelo Bene più volte rimembrata da Camurri) ma anche dell’architettura che allontanano dai nodi dell’attualità invece che cogliere il punto.
A me durante questi incontri è sembrato di aver restituito vitalità ad un mondo affaticato, di intravedere una liberazione politica ed esistenziale profonda, dove lo scardinamento delle strutture logiche rende l’oscurità luminosa: sembra tanto eppure è facile e a volte basta concedersi, parallelamente ai saggi, qualche storia di finzione.
Per concludere, torniamo al desiderio di Giovanni: aprire una libreria dedicata alle città. Non dimentichiamo d’ora in poi di mettere in comune le nostre librerie di casa e soprattutto – tassello irrinunciabile per il progetto di Caudo – dialogare in mezzo, con, sopra e attraverso ai libri. Senza dialogo la libreria non c’è. Ciò che ci spetta è raccontare e nominare insieme persone, cose e luoghi, nonostante il disordine del mondo. Recuperare barlumi di ironia, rompere ed aprire spiragli di luce e fughe da questa minaccia della fine. Le biblioteche dell’Università sono piene di testimonianze di tentativi e dell’illusione di “farcela”, come ricercatori e docenti. Ma in una libreria dedicata alla città non si può che sprofondare nell’infinità delle nostre ambizioni che sono tutt’altro che pacificate ma piene di contraddizioni e fallimenti che conducono tuttavia verso pensieri più interessanti e felici, profumati di schiuma di sapone.